giovedì 19 giugno 2014

FURIA LETALE - LE ARMI DEL MANIPOLO

Daniel Belmondo aveva convocato nel pomeriggio una riunione con i suoi uomini per aggiornarli sull’equipaggiamento da adottare. I sette contractor del manipolo erano schierati presso un lungo bancone metallico davanti alle postazioni del poligono di tiro. Sul ripiano erano raggruppate le diverse dotazioni: mimetiche, placche toraciche, armor dress di ultima generazione, fondine... E poi, naturalmente le armi. Che erano già state scelte valutando le potenzialità dei modelli sulla base del tipo di attacco che avrebbero dovuto effettuare.
Safarian si avvicinò, sentendosi escluso. Non aveva familiarizzato con quegli uomini. Non gli interessava farlo.
Il Santo Negro stava mostrando una versione speciale della pistola mitragliatrice Heckler & Koch in versione corta, denominata MP5K. Spiegava con parole da esperto l’efficacia intrinseca dell’impugnatura verticale per ridurre l’alzo della canna durante il fuoco automatico. Il modello che teneva in pugno era dotato di silenziatore e mirino laser.

Una scelta d’arma perfetta, pensò l’agente Nemo. Braccia conserte, con i muscoli che gonfiavano la T-shirt verde oliva che indossava, si era posto di fianco a colui che rispondeva al nome di battaglia di Mister Green, al secolo Aldo Marinetti, un italiano che prima di divenire mercenario era stato incursore del COMSUBIN. Notò che stava scarrellando una grossa semiautomatica nera per valutarne il funzionamento.
— La Grizzly MKI non mi sembra la pistola più adatta — sentenziò, senza preoccuparsi di tenere bassa la voce. — Il calibro 357 Magnum è troppo rumoroso in un ambiente ristretto.
L’italiano si volse verso di lui con aria di disapprovazione. — È una pistola potente e affidabile.
— Sono d’accordo, ma non dobbiamo uccidere degli orsi!

Belmondo s’interruppe sfoggiando un’espressione infastidita. — La sto annoiando, signor Safarian?
L’agente Nemo non si degnò di rispondere. Prese dal bancone uno degli esemplari di arma bianca che sarebbero stati usati. Estrasse la lama dalla custodia e la osservò ammirato. Quella sì che era un’ottima scelta. Un machete curvo Mykel Hawke. Gli pareva di ricordare che fosse stato adottato dagli uomini della Legione Straniera, che si esercitavano a lanciarlo imitando i leggendari guerrieri Berserker.
Lo impugnò e ne provò il bilanciamento. La sua forma faceva sì che il peso fosse distribuito verso il fondo. In stoccata dava la sensazione di tirare circa tre chili, mentre si arrivava fino a quattordici: davvero impressionante.
...
Gli uomini del manipolo Rainbow occuparono le postazioni di tiro imbracciando un Tavor GTAR-21, fucile d’assalto delle forze israeliane. Configurazione bull pup in tecnopolimero. Slitte Picatinny con puntatori laser. Equipaggiati con lanciagranate M203 da 40 mm.
Dopo aver indossato le cuffie, iniziarono i tiri di prova per prendere dimestichezza con l’arma. Una dotazione che l’agente Nemo giudicò impeccabile, anche se avrebbe preferito di gran lunga un classico M4.

Lasciando i compagni alle prove di fuoco, raggiunse le rastrelliere dell’armeria. Lui aveva bisogno di qualcosa di più adatto al suo carattere.
Dopo aver passato in rassegna le possibilità offerte, la sua scelta cadde su un’Uzi Pro, versione compatta e leggera in tecnopolimero della leggendaria pistola mitragliatrice israeliana, caratterizzata da un’impugnatura con paramano invece del ponticello al grilletto. Con una slitta sulla parte superiore della canna per il montaggio delle ottiche laser.

Come seconda arma scelse uno shotgun Fabarm Martial a canna accorciata, adatto all’uso in spazi angusti. 

 Infine optò per un paio di coltelli da lancio Down Under Kookaburra, con fondina doppia a estrazione rapida.

Chiese al caporale addetto all’armeria di preparargli le armi con le relative munizioni.
Poi raggiunse davanti al bancone Belmondo, che stava controllando le mire di una balestra Horton Recon 175.
— Quando saremo pronti per andare? — chiese.
Il Santo Negro gli rispose senza sollevare gli occhi: — Partiremo per Muhuru Bay alle 22.30.







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