domenica 29 giugno 2014

FURIA LETALE - LOCATION: KENYA






NAIROBI



 
AEROPORTO JOMO KENYATTA INTERNATIONAL

Il terminal dell’aeroporto internazionale Jomo Kenyatta era gremito di gente. La maggior parte indossava abiti di foggia occidentale, ma non mancavano i costumi tradizionali. Alcuni uomini porta- vano dashiki e completi in broccato, mentre le donne apparivano fasciate da kaftan variopinti, con grandi copricapi dai colori vivaci. Si captavano nell’aria suoni di lingue e dialetti con accenti ca- ratteristici degli idiomi africani.
Vestito leggero di Armani. Panama abbinato a occhiali da sole long dress di Louis Vuitton. Ancheggiando con grazia, Beka si diresse verso l’uscita trascinando un trolley leggero Samsonite S’Cure Spinner.
Fuori c’era una luce potente, calda come febbre e abbagliante come un flash. E il cielo appariva di un azzurro stupefacente.





BASE MILITARE DI NANYUKI
MUHURU BAY
La base operativa della missione Grilled Hyena era stata approntata A Muhuru bay, dentro una vecchia fabbrica per la lavorazione del pesce persico che si affacciava direttamente sul lago. Uno stabilimento in disuso che l’Esercito aveva rilevato per tenere sotto controllo a distanza il covo del generale.






LAGO VITTORIA




— Ci sono più di tremila isole sul lago Vittoria, molte delle quali disabitate. L’isola del Picco di Cristallo è una di queste.
Grande schermo a parete. La registrazione di una ripresa satellitare che mostrava una losanga scura in mezzo al verde.
  




giovedì 26 giugno 2014

FURIA LETALE - SOUNDTRACK: MAS QUE NADA - MIRIAM MAKEBA





Partì in sottofondo una canzone di Miriam Makeba, Mas que nada. E subito dopo entrò il Santo Negro. Alto e ben piantato, con uno smoking bianco che contrastava con la carnagione scura, baciò la mano della sua ospite, regalandole un sorriso luminoso. Poi guadagnò il microfono e iniziò a parlare. Sullo schermo gigante alle sue spalle, il suo primo piano in diretta, occhi chiarissimi, sguardo bruciante.
— Voi sapete che non ci fermiamo mai, non ci riposiamo mai... — Con voce profonda, recitava una strofa della canzone. — Non ci fermeremo fino a che non arriveremo a voi — concluse puntando il dito sulla platea.
Poi volse la testa verso Sabrina, che era rimasta al suo fianco sul palco, e le strizzò l’occhio in un cenno affettuoso di complicità, prima di dedicarsi di nuovo al pubblico. — La canzone che stiamo ascoltando in questo momento è interpretata da Miriam Makeba, la cantante africana schierata da sempre contro le discriminazioni razziali. E mi sembrava perfetta come emblema della nostra lotta alle ingiustizie. Quello che vogliamo da voi, meglio che niente, è prima di tutto un’attenzione. Un sorriso. Un aiuto che possa rendere il nulla tangibile e pieno di speranza...
Era un oratore coinvolgente, e il pubblico pendeva dalle sue labbra.
— Questa sera vogliamo creare un evento importante. Emblematico come la metafora di un mondo perduto.





mercoledì 25 giugno 2014

FURIA LETALE - LOCATION: FRANCIA





PARIGI


Il generale Claude Marini stava leggendo il rapporto informale inviatogli da Isabel con una mail appena giunta dalla sede operativa. Era in corso una riunione straordinaria, ma lui non se l’era sentita di partecipare, nemmeno in videoconferenza. Si sentiva particolarmente stanco, quella mattina. Stanco morto. Così non si era mosso da casa. Non si era nemmeno vestito, ed era rimasto in pigiama a bere caffè e a masticare il cannello della pipa spenta, con gli occhi persi oltre la vetrata del suo appartamento a contemplare il panorama di Parigi: vista sulla torre Eiffel. Come guardare una banale cartolina. Lui, mezzo italiano, era diviso tra sentimenti contrastanti: odiava e amava i francesi nello stesso tempo. Come del resto faceva con gli italiani. E con se stesso.














XIII ARRODISSEMENT


Scostò le tende del séparé che pendevano dal soffitto come sipari
teatrali, uscendo dalla zona dream. E si guardò attorno con attenzione, come per prendere coscienza di dove si trovasse veramente. Il suo rifugio da qualche mese: un loft di trecento metri quadrati ricavato all’interno di uno dei tanti magazzini abbandonati lungo la vecchia area portuale della Senna. Una zona particolare, protetta dalle frequenze elettromagnetiche dei ripetitori televisivi, grosse antenne che sorgevano poco distanti e che impedivano i controlli satellitari. Un luogo isolato, nella periferia del XIII arrondissement, che aveva acquistato usando uno dei suoi innumerevoli conti fantasma. Atto di proprietà intestato a una società inesistente.
La casa dei fantasmi abitata da un ex spettro.





Il jumbo jet privato della Zabrinsky Enterprise transitò nella pista di rullaggio. Il rumore dei suoi potenti propulsori calò d’intensità, mentre rallentava progressivamente, girandosi di centottanta gradi fino a fermarsi con il muso puntato contro l’ingresso del tunnel collegato all’arrival area.





HOTEL LOUVRE


 Hôtel du Louvre, place André Malraux, camera 333
Seduto nudo davanti allo schermo del computer. Il torso glabro. Muscoli e nervi. Con tante vene bluastre in rilievo. Confuse con un arabesco di tendini robusti, serpeggianti percorsi tubolari sotto la pelle abbronzata. Circuiti nervosi sui pettorali squadrati e tatuaggi sulle spalle e sulle braccia possenti: contorti serpenti avvolti in spire sulle fasce dei deltoidi e sui bicipiti. Capelli ricci. Sguardo da corvo. Profondo come una notte senza luna. Baffi sottili e pizzetto. Una catena d’argento al collo con un pendaglio a forma di “stella del mattino”. Ricordo del suo primo amore. Un tocco di ro- manticismo impregnato di nostalgia che non riusciva a mitigare o ad abbandonare del tutto.






SAINT-MARTIN-D'URIAGE - GRAND PIC DE BELLEDONNE
Dopo essersi fermata a fare il pieno in un piccolo distributore della Shell, aperto anche di domenica mattina, attraversò Saint- Martin-d’Uriage e si diresse verso il Grand Pic de Belledonne, direzione Guernon. In lontananza si cominciavano a intravedere le vette dei monti stagliarsi nel cielo.






SOTTERRANEI DI PARIGI

Continuò a spiare quei movimenti. Sagome indistinte stavano entrando nella dépendance sul retro del castello. Di lì si scendeva nel passaggio che conduceva alla rete sotterranea di Parigi. Il luogo che era stato il teatro finale della missione Darkeneye, qualche anno prima: la crisi che aveva visto coinvolta Lara Zabrinsky.
Perché ti stanno portando là sotto? Cosa vogliono farti?



martedì 24 giugno 2014

FURIA LETALE - SOUNDTRACK: LADYSMITH BLACK MAMBAZO - KNOCKIN’ ON HEAVEN’S DOOR (cover)





Si spensero le luci e partì un videoclip dei Ladysmith Black Mambazo che reinterpretavano Knockin’ on Heaven’s Door di Bob Dylan. Il filmato era costituito da un collage di scene struggenti con i bambini neri degli orfanotrofi che giocavano e ridevano, inframmezzate a immagini di guerra e di morte. Il tutto “bussando alla porta del paradiso”. Un video perfetto per suscitare emozione negli astanti.




 

lunedì 23 giugno 2014

FURIA LETALE - LE ARMI DEI CATTIVI


IL COLTELLO RICURVO ZIRAH BONK  DEL DERVISCIO


Il Derviscio smise di fischiettare e sorrise con espressione glaciale, mentre faceva scattare il braccio e colpiva. Un fendente traverso dal basso verso l’alto che bucò la giugulare della giovane guardia: il corpo che s’irrigidiva, le mani che correvano per cercare di respingere il carnefice che continuava a spingere la lama del zirah bonk sempre più a fondo, fino all’osso, e la teneva ferma dentro, con la punta che raschiava contro le vertebre cervicali. I muscoli del collo che si contraevano come per tossire. I piedi che scalciavano, fino a fermarsi con un ultimo, definitivo sussulto.




 LA SPADA DA ESECUZIONE NGULU 
DI MOBASU CHANGA



Mobasu Changa in tuta da combattimento “ienata” lo stava aspettando. Minaccioso e terribile. La testa calva e il viso dipinto di colori tribali, cerchi magici sulla fronte e sulle guance. Gli occhi spiritati di un folle. In pugno stringeva la sua spada del potere, la ngulu da esecuzione con la lama a falce. — Benvenuto nello Stato libero del Gowa! 
  


FUCILI D'ASSALTO AK-47 DEI SOLDATI IENA

Si disposero a destra e a sinistra su vettori opposti di perlustrazione, copertura completa dell’area. Inquadrarono i nemici. Poco più che ragazzi, sedici, diciassette anni al massimo, caporalmaggiori con gli AK-47 puntati e gli sguardi folli. Drogati fino al midollo, pericolosi.










sabato 21 giugno 2014

FURIA LETALE - SOUNDTRACK: NOUVELLE VOGUE - FADE OUT LINES






A duecento sollevamenti restò immobile con le gambe sollevate fino al petto. Il sesso ricoperto da una lieve peluria bruna. Il respiro fermo. Nessun ansito. Solo occhi gelidi e labbra tese.
Lasciò la presa e atterrò agilmente sul parquet. Il brano rap terminò e partì la seconda traccia musicale: Nouvelle Vague, Fade Out Lines. Avanzò camminando e ballando nuda, elegante e sensuale, fino a incontrare la propria immagine riflessa nella parete laterale ricoperta di specchi. Le cosce lunghe e tornite, i nodi lucidi degli addominali. La pelle luccicante. Il sudore come una pellicola di olio su ogni singolo fascio muscolare. La scultura di una guerriera perfettamente modellata.
Sollevò le braccia e si lasciò scivolare a terra aprendo le gambe fino a ottenere una spaccata frontale. Prese un respiro, lo tenne dentro a lungo e poi espirò lentamente. Iniziò gli esercizi per allungare i muscoli della schiena, abbassandosi con il busto in avanti fino a toccare il pavimento con il petto. Poi si tirò su e compì lo stesso movimento lateralmente, prima a sinistra e poi a destra, sfiorando con le dita le punte degli alluci tese all’insù. Inspirando ed espirando. Concentrata sui battiti del cuore.
Quando la musica inziò a sfumare, tornò in piedi, usando solo le gambe secondo le tecniche d’allenamento del wushu.











giovedì 19 giugno 2014

FURIA LETALE - LE ARMI DEL MANIPOLO

Daniel Belmondo aveva convocato nel pomeriggio una riunione con i suoi uomini per aggiornarli sull’equipaggiamento da adottare. I sette contractor del manipolo erano schierati presso un lungo bancone metallico davanti alle postazioni del poligono di tiro. Sul ripiano erano raggruppate le diverse dotazioni: mimetiche, placche toraciche, armor dress di ultima generazione, fondine... E poi, naturalmente le armi. Che erano già state scelte valutando le potenzialità dei modelli sulla base del tipo di attacco che avrebbero dovuto effettuare.
Safarian si avvicinò, sentendosi escluso. Non aveva familiarizzato con quegli uomini. Non gli interessava farlo.
Il Santo Negro stava mostrando una versione speciale della pistola mitragliatrice Heckler & Koch in versione corta, denominata MP5K. Spiegava con parole da esperto l’efficacia intrinseca dell’impugnatura verticale per ridurre l’alzo della canna durante il fuoco automatico. Il modello che teneva in pugno era dotato di silenziatore e mirino laser.

Una scelta d’arma perfetta, pensò l’agente Nemo. Braccia conserte, con i muscoli che gonfiavano la T-shirt verde oliva che indossava, si era posto di fianco a colui che rispondeva al nome di battaglia di Mister Green, al secolo Aldo Marinetti, un italiano che prima di divenire mercenario era stato incursore del COMSUBIN. Notò che stava scarrellando una grossa semiautomatica nera per valutarne il funzionamento.
— La Grizzly MKI non mi sembra la pistola più adatta — sentenziò, senza preoccuparsi di tenere bassa la voce. — Il calibro 357 Magnum è troppo rumoroso in un ambiente ristretto.
L’italiano si volse verso di lui con aria di disapprovazione. — È una pistola potente e affidabile.
— Sono d’accordo, ma non dobbiamo uccidere degli orsi!

Belmondo s’interruppe sfoggiando un’espressione infastidita. — La sto annoiando, signor Safarian?
L’agente Nemo non si degnò di rispondere. Prese dal bancone uno degli esemplari di arma bianca che sarebbero stati usati. Estrasse la lama dalla custodia e la osservò ammirato. Quella sì che era un’ottima scelta. Un machete curvo Mykel Hawke. Gli pareva di ricordare che fosse stato adottato dagli uomini della Legione Straniera, che si esercitavano a lanciarlo imitando i leggendari guerrieri Berserker.
Lo impugnò e ne provò il bilanciamento. La sua forma faceva sì che il peso fosse distribuito verso il fondo. In stoccata dava la sensazione di tirare circa tre chili, mentre si arrivava fino a quattordici: davvero impressionante.
...
Gli uomini del manipolo Rainbow occuparono le postazioni di tiro imbracciando un Tavor GTAR-21, fucile d’assalto delle forze israeliane. Configurazione bull pup in tecnopolimero. Slitte Picatinny con puntatori laser. Equipaggiati con lanciagranate M203 da 40 mm.
Dopo aver indossato le cuffie, iniziarono i tiri di prova per prendere dimestichezza con l’arma. Una dotazione che l’agente Nemo giudicò impeccabile, anche se avrebbe preferito di gran lunga un classico M4.

Lasciando i compagni alle prove di fuoco, raggiunse le rastrelliere dell’armeria. Lui aveva bisogno di qualcosa di più adatto al suo carattere.
Dopo aver passato in rassegna le possibilità offerte, la sua scelta cadde su un’Uzi Pro, versione compatta e leggera in tecnopolimero della leggendaria pistola mitragliatrice israeliana, caratterizzata da un’impugnatura con paramano invece del ponticello al grilletto. Con una slitta sulla parte superiore della canna per il montaggio delle ottiche laser.

Come seconda arma scelse uno shotgun Fabarm Martial a canna accorciata, adatto all’uso in spazi angusti. 

 Infine optò per un paio di coltelli da lancio Down Under Kookaburra, con fondina doppia a estrazione rapida.

Chiese al caporale addetto all’armeria di preparargli le armi con le relative munizioni.
Poi raggiunse davanti al bancone Belmondo, che stava controllando le mire di una balestra Horton Recon 175.
— Quando saremo pronti per andare? — chiese.
Il Santo Negro gli rispose senza sollevare gli occhi: — Partiremo per Muhuru Bay alle 22.30.







sabato 14 giugno 2014

FURIA LETALE - SOUNDTRACK: ARCH ENEMY - NEMESIS


Assunse la posizione di guardia del gosuto himitsu, l’arte marziale degli agenti spettro: gamba sinistra avanti, baricentro basso, braccia tese in avanti con la mano aperta.
Sentendosi pienamente rigenerata, attese che iniziasse il pezzo successivo, un brano degli Arch Enemy che si intolava con il suo stesso nome di battaglia: Nemesis. Sugli stacchi iniziali, colpi di piatto e basso, con la chitarra che svisava volando in un crescendo distorto, iniziò una serie di calci e pugni, concentrando l’esplosione della kime a tempo con il ritmo indiavolato della musica, passando a eseguire il suo personale kata. Quello che lei aveva denominato “Il petalo”: la metamorfosi del guerriero. Un’elegante e rapida successione di mosse che passavano in rassegna le arti da combattimento con cui era stata forgiata durante l’addestramento. Un mix di karate, kung fu, aikido... tante arti me- scolate. Una danza fatta di mosse micrometricamente calibrate, efficaci e letali, sequenze di calci e pugni, salti mortali, un’armonia di forme, muscoli che guizzavano e si contraevano entrando a far parte dell’insieme melodico che univa corpo e mente. Solo per arrivare al cuore.
Quando completò l’esecuzione restò immobile, come in trance, fino a quando la musica non terminò.
Pag.30 






 BOOKTRAILER:






venerdì 13 giugno 2014

FURIA LETALE - SOUNDTRACK: Diam’s, Enfants du désert.


 











Con un sospiro, raggiunse l’impianto hi-fi e schiacciò il tasto PLAY. Diam’s, Enfants du désert.
Pianoforte cadenzato. Cantante con l’erre moscia, francese e sensuale.
Gli occhi le caddero su un ritaglio di giornale, appeso alla lavagnetta di fianco allo schermo del Mac. “Bambini soldato, una piaga da fermare.” Campeggiava al centro dell’articolo la foto di un bell’uomo di colore, con gli occhi chiari. “Daniel Belmondo userà ogni mezzo per fermare il genocidio perpetrato con inaudita ferocia dall’esercito del Gowa.” Allungando l’indice, accarezzò la foto.
Mentre la canzone in sottofondo parlava di bambini nel deserto perduti e soli, prigionieri di un incubo in terra.
Lei sapeva molto bene cosa significasse essere rapiti in giovane età. Perdere l’innocenza e sostituirla con una favola orrida e nera. Per un attimo ebbe la visione di una iena che ringhia e risentì le urla dei suoi genitori mentre venivano trucidati.
Il sangue e i morsi...
Strinse gli occhi per scacciare quel ricordo.
Si diresse ancheggiando verso la zona d’allenamento. Seguendo il ritmo rap della musica con le braccia aperte come per spiccare il volo.
Pag 28-29






giovedì 12 giugno 2014

FURIA LETALE - SOUNDTRACK: KING CRIMSON - LADIES OF THE ROAD








Una Jaguar E-Type nera sfreccia sulla statale che porta ai laghi. La donna alla guida tiene una mano sul volante e una sul cambio, e affronta le curve scalando le marce in sovrasterzo, derapando con la tecnica drifting di un pilota professionista.
Gli occhi fissi sulla strada, le pupille viola che sembrano bruciare.
Lo stereo a tutto volume trasmette un brano dei King Crimson, Ladies of the Road. Sax che grida. Tempo dispari. Progressive rock come piace a lei.

Pag.7












martedì 10 giugno 2014

AGENTE NEMESIS - FURIA LETALE: LE ARMI DI SAFARIAN















Infilò i pantaloni che aveva lasciato in piega sopra il letto: neri con striscia blu scuro. Scelse scarpe morbide con tacco in gomma. Sulla camicia azzurro pallido con la pettorina ricamata indossò un doppio ascellare, con due Walther PPX calibro 40 munite di caricatori full size da quattordici colpi. Terminò la vestizione con la giacca a un petto solo, leggermente sfiancata, che metteva in risalto le spalle larghe.
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Dopo aver passato in rassegna le possibilità offerte, la sua scelta cadde su un’Uzi Pro, versione compatta e leggera in tecnopolimero della leggendaria pistola mitragliatrice israeliana, caratterizzata da un’impugnatura con paramano invece del ponticello al grilletto. Con una slitta sulla parte superiore della canna per il montaggio delle ottiche laser.





Come seconda arma scelse uno shotgun Fabarm Martial a canna accorciata, adatto all’uso in spazi angusti.




Infine optò per un paio di coltelli da lancio Down Under Kooka- burra, con fondina doppia a estrazione rapida.




































pag. 218
Parcheggiò la Honda NSX, spense il motore e scese. Prese dal bauletto lo zaino militare, lo aprì. Scartò una confezione ancora nuova di cartucce calibro 12, ne prelevò una decina e se le distribuì nelle tasche del giubbotto. Da una custodia di pelle recuperò il fucile a canne mozze, una lupara siciliana originale a cani esterni, schiacciò il pulsante di sblocco della bascula per aprirla. Caricò le due camere di scoppio e richiuse con uno scatto del polso.