giovedì 26 gennaio 2017

VAPING





Alex Brera posò la tazzina vuota e recuperò la sua pipa elettronica. Controllò il serbatoio: era pieno per metà di un liquido ambrato. Infilò tra le labbra il drip tip e azionò l’atomizzatore. Aspirò profondamente. Poi espirò una nuvola bianca e densa, profumata di crema..








...si tirò indietro per appoggiarsi allo schienale della poltroncina, mise in bocca l’e-Pipe e strinse il cannello di plastica fra i denti. Altro tiro, altro sbuffo di vapore dolce da un angolo della bocca. Si tolse gli occhiali da lettura, posandoli sul ripiano della scrivania, e fissò l’agente Nemesis dritto negli occhi.
Lei sostenne quello sguardo. Per qualche secondo continuarono a fissarsi così, senza dire nulla. Fu lui a rompere l’incanto di quel silenzio. — Come ti senti?
Beka si strinse la cintura dell’accappatoio sui fianchi. — Per fare una battuta del cazzo: sento male solo quando respiro.
Lui annuì, succhiando un’altra boccata di vapore.
— Ma com’è tirare quella roba? — s’informò lei, mentre infilava la mano nella tasca dell’accappatoio per recuperare il pacchetto di Gitanes.
Alex piegò le labbra all’ingiù. — Molto meglio delle paglie. Perlomeno dopo non ci si sente la bocca come un posacenere non svuotato da giorni.
Beka a quelle parole lasciò il pacchetto dove stava, rinunciando ai suoi intenti.







Alex restò a guardarla mentre abbandonava il soggiorno, ammirandone le forme sinuose. Pensò alle parole di quella canzone: “i desideri non invecchiano, quasi mai”.
“Sacrosanto e giusto” si disse con una punta di malinconia infiltrata nella sua razione di angoscia quotidiana.
Qualunque emozione perturbatrice era la benvenuta, pur di tenere sedato il fottuto orco del dolore con i suoi morsi famelici. Dentro al cuore e oltre.
Infilò tra le labbra la pipa elettronica, ma non si accorse che era ormai finito il liquido e aspirò a vuoto deglutendo uno sgradevole aroma di bruciato.
“Ehi, come stai, sapore amaro?” pensò, con una certa ironia. Poi gli venne da lanciare improperi al cielo, ma si trattenne. Dio non aveva colpa di nulla. O forse sì?









Da una tasca della giacca prese la pipa elettronica e la infilò tra le labbra. Aspirò un tiro e sbuffò fuori il vapore.
Un’impiegata che stava passando nel corridoio in quel momento gli dedicò uno sguardo di rimprovero. — Non si può fumare qui dentro — disse fra i denti.
Lui le mostrò la pipa. — Non fa male, questa! — provò a giustificarsi.
L’impiegata tirò dritto e si allontanò, scuotendo la testa. Alex mise via la pipa elettronica. Fanculo.










Kenny estrasse dalla tasca del cappotto la pipa elettronica che era stata di suo padre. Mettendola in bocca, aspirò un tiro profondo, per poi esalare un’immensa nuvola di vapore che profumava di fragola.
— Ma che cazzo fai con quella roba da invertebrati? — lo apostrofò Barbier, cacciandosi fra i denti il solito mezzo toscano e prendendo a masticarlo con gusto. — Tale e quale suo padre, cazzo — brontolò, mentre una piccola lacrima sbucava da sotto gli occhiali scuri. Lasciò che scendesse senza preoccuparsene troppo.







Beka fece un altro tiro dalla sigaretta, e stavolta il sapore del tabacco combusto le parve orribile. Pensò alle parole di Alex: “Dopo ti resta la bocca come un posacenere non svuotato da giorni”. Sul punto di commuoversi ancora, buttò il mozzicone dal finestrino e subito dopo anche l’intero pacchetto.












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